lunedì 26 dicembre 2022

La simbologia del Presepe napoletano


Io sono campana e per noi il Presepe è una sorta d'istituzione, una tradizione molto forte e radicata. Sono cresciuta osservando papà che con passione e amore, tramesse da mio nonno, costruiva il presepe con le sue mani, con compensato, pezzi di legno e corteccia, sughero, muschio, fogli di alluminio e carta. Una volta terminato posizionava i personaggi al loro posto, piccole statuine spesso tramandate di generazione in generazione, per poi accendere le luci, ammirando con soddisfazione la sua opera e dando vita così a questa magia natalizia. Il presepe non è solo la rappresentazione della natività di Gesù, ma è molto di più, la sua simbologia è molto più profonda ed è per questo che facilmente potreste trovarlo anche nelle case di chi non è credente, o di chi è fortemente laico. Il presepe può essere fatto per devozione; per "affetto", perché è qualcosa che ci lega a chi ci ha preceduto o a ricordi di infanzia preziosi; perché crea atmosfera; perché è spesso una bellissima opera d'arte, creativa e ispirata; oppure perché si è pienamente consapevoli del suo significato e della sua simbologia. Il presepe infatti è il perfetto esempio della natura sincretica di Napoli, è un crogiolo di credenze popolari, pagane, esoteriche e cristiane, come vi mostrerò a breve, e in sintesi rappresenta il cammino evolutivo dell'anima verso la rinascita e l'illuminazione e la rinascita ciclica del Sole nel buio dell'Inverno, simbolo della speranza del rinnovamento della vita stessa.
Anche se alcuni documenti provano la presenza di presepi a Napoli già dal 1025, si fa risalire la sua nascita a San Francesco d'Assisi che nel 1223, a Greccio, organizzò il primo presepe vivente ricostruendo, con persone in carne ed ossa, lo spaccato sociale ed il simbolismo delle scenografie. Da qui inizia la riproduzione artistica dei personaggi che diventa vera e propria arte a Napoli, nei dintorni di San Gregorio Armeno, dove opera la comunità egizia-alessandrina. 
L'ambientazione del presepe è uno spaccato della Napoli del 1700, quando, durante il regno dei Borbone, ebbe il suo massimo splendore, con i suoi personaggi in abiti d'epoca, le sue case, le osterie, i suoi paesaggi naturali e la sua vita quotidiana. In quel periodo le vecchie sculture lasciano il posto ad immagini in terracotta; le facce vengono plasmate nella creta, il corpo mantenuto su strutture in fil di ferro e vestito con abiti di varie fogge. I visi, plasmati e verniciati perfettamente, ritraggono, per lo più, i volti del popolo, anche se poi, per mitomania, diversi nobili e anche il Re, fanno riprodurre pastori con le loro sembianze. Così prende piede la moda, che resiste tutt’ora, di essere rappresentati sul presepe quali importanti personaggi. 

Il paesaggio è montuoso e pieno di sentieri tortuosi, disseminati di pastori che scendono verso la grotta, sempre situata in basso e in primo piano. Questo perché bisogna scendere nelle tenebre prima di raggiungere la luce, cioè la rinascita rappresentata da Gesù Bambino. Il presepe si decora con muschio e foglie di agrifoglio e pungitopo per infastidire le anime che si credono vagare tra i vivi dal 2 novembre al 6 gennaio. 
L'etimologia della parola presepe o presepio si ricollega al latino presepium,  formato da prae- = innanzi e da saepes = recinto, siepe. Pertanto, presepe o presepio, significa letteralmente "luogo recintato da una siepe". In senso lato, stalla, mangiatoia.

Il "bambinello" viene fatto nascere non a Betlemme, in una mangiatoia, ma in una grotta nel cuore di Napoli, questo a ricordarci che il principio solare e cristico può nascere ovunque, anche dentro di noi. Inoltre la nascita in una fredda e spoglia grotta, su un lettino di paglia, vuole ricordare l'importanza dell'umiltà nel cammino evolutivo, perché "il più grande tra i Re è anche il più umile tra gli Uomini".
La grotta è il simbolo del grembo cosmico ed è collegamento tra il mondo dei vivi e quello dei morti (fattore che ritroveremo anche in altri elementi del presepe) ed è la scena principale del presepe, ma di fatto è la conclusione del viaggio raccontato dal presepe stesso. La grotta è anche il confine tra il buio e la luce, è la discesa agli Inferi per raggiungere una vita nuova. La grotta è anche intesa come luogo magico che ci riconduce all’antro della Sibilla Cumana e del suo famoso culto oracolare, o di grotte marine abitate da misteriose creature, ninfe e sirene.
Nella grotta avviene la manifestazione, la trasformazione dell'essere umano in essere divino, la nascita del Sole Spirituale, che si esprime attraverso l'unione del cielo, raffigurato da Maria con i suoi abiti celesti e bianchi, e della terra, rappresentata da Giuseppe nei suoi abiti bronzei, ma anche dell'Anima (Maria) e della Materia/Mente (Giuseppe). Nella grotta vi è l'Alfa e l'Omega, l'inizio e la fine di un ciclo eterno, la molteplicità che diventa unità. Nella grotta vi sono anche il bue e l'asinello, che non hanno solo la funzione di "riscaldare" il neonato, ma rappresentano il principio attivo e ricettivo, lo yin e lo yang, per dirla in termini orientali, le due forze della creazione in perfetto equilibrio. Entrambi (il bue con le sue corna a forma di luna e utero e l'asino con le sue orecchie lunghe a forma di vulva) ricordano il principio vitale, generativo e creativo. Inoltre rappresentano anche la forza e la tenacia, la mansuetudine e la testardaggine, la luce e il buio. L'asino ricordiamolo è anche un animale psicopompo legato al mondo sotterraneo, così come il bue è un animale solare. 
 Il 25 Dicembre, secondo il calendario Giuliano, era la data del Solstizio d’Inverno, data che sanciva la nascita del Sole. In questo giorno la potenza del Sole aumentava e le giornate iniziavano ad avere una maggiore durata, in Siria e in Egitto la natività era fortemente celebrata. I commemmoranti si recavano presso i santuari e scattata la mezzanotte, uscivano urlando “La Vergine Maria ha partorito”. Gli Egiziani raffiguravano il Sole appena nato con l'immagine di un neonato, la Vergine che il 25 Dicembre aveva dato alla luce il Bambino Divino, era la suprema dea orientale, che i Semiti chiamavano Vergine Celeste. Anche la nascita di Mitra, che rappresentava il Sole, avveniva il 25 Dicembre, così come Horus, Adone, Tammuz, Attis, Bacco e Freyr.

La grotta della natività è al centro della scena, ma solitamente ai due lati vi sono altre due grotte, a destra c'è la locanda, piena di delizie e svaghi, con la meretrice, il locandiere e Cicci Bacco con il suo fiasco di vino, rappresenta gli ostacoli e le distrazioni che l'anima incontra sul suo cammino. Sul tavolo della locanda/taverna abbondano le vivande da consumare durante il pranzo di Natale, che è in realtà un banchetto funebre, visto che si seppellisce il tempo che muore prima di rinascere.
Dalla grotta a sinistra viene fatto uscire, con un carro carico di botti di vino, Bacco, bello, grassoccio, rubizzo, preceduto e seguito da un corteo di uomini che con zampogne e pifferi scandiscono gli orgiastici ritmi dionisiaci. A Napoli è “O Zi Bacco ‘ncoppa a votta”. È l’altro dio, il rappresentante di Dioniso, anch’esso fatto nascere il 25 dicembre. Il suo compito è trasportare il nettare divino e superare il ponte sull’acqua rimandando al passaggio dal mondo dei morti a quello dei vivi, ma anche alla natura che da questo momento rinasce ricordando il mito di Cerere nei misteri Eleusini ed invitando le persone a gioire, amare, festeggiare. Sul ponte e vicino ad esso, vengono anche poste figure tristi e sinistre che tendono ad ostacolare il passaggio da una riva all’altra. Durante il periodo natalizio si narrava di apparizioni di lupi mannari, di monache con la testa mozzata degli amanti, degli impiccati e dei giustiziati.

Il fiume con l'acqua che fluisce, rappresenta il liquido amniotico e la nascita della vita, ma anche il tempo che scorre: passato, presente e futuro.
L'acqua è uno degli elementi alchemici principali e nel presepe si ritrova anche nel pozzo e nella fontana, sempre presenti ed entrambi associati alla Madonna, sostituta delle antiche dee delle acque sacre e curative. Il pozzo è il collegamento tra il mondo di sotto e il mondo di sopra e credenza popolare voleva che non si attingesse acqua durante la notte di Natale perché vi era il rischio di essere trascinate/i nelle sue profondità da Maria 'a manalonga, una specie di spirito maligno. Un'altra credenza voleva che  in questa notte le acque riflettessero i volti di chi sarebbe morto durante l'anno successivo. Il pozzo rappresenta quindi l'accesso agli Inferi e l'oscurità in cui l'essere umano può cadere durante la sua esistenza. 
E proprio dalle viscere della terra, dal regno dei morti, l’acqua, ormai libera e pura, sgorga dalla Fontana, altra figura chiave. Vicino alle fonti o nei pressi di esse, infatti, avvengono le migliori rivelazioni. Nei racconti popolari campani è sempre vicino alle fontane che avvengono gli incontri amorosi e le apparizioni fantastiche. Dove scorre l’acqua esistono le giuste vibrazioni e le energie vitali ed è questo il motivo per cui gli uomini che ‘sanno’ hanno costruito lì templi e chiese. La donna alla fontana, che generalmente si rappresenta, è la Madonna stessa, che secondo alcuni vangeli apocrifi pare stesse attingendo acqua alla fonte nel momento dell’Annunciazione.

Nel presepe è poi presente quasi sempre il mulino che con le sue pale rappresenta la ciclicità del tempo, ma ricorda anche con la sua macina il processo di morte e trasformazione del grano in farina e poi in pane che nutre la vita. Anche questo elemento rimanda, come Bacco, ai Misteri Eleusini di Cerere/Demetra. 
Si collega al Mulino anche il Forno, altro elemento essenziale del presepe, deputato alla cottura del pane e nuovamente simbolo di trasformazione, creazione e in sé rappresentazione dell'utero. Il tutto è un ulteriore simbolo di Cerere, la Madre Terra, raffigurata anche nella Donna che tiene nascosto e stretto a sé il bambino per non farlo ricadere nelle Tenebre.

Esaminati alcuni elementi del paesaggio, cerchiamo ora di analizzare i personaggi della scena.

Uno dei personaggi più importanti del presepe è Benino, per i napoletani, Benit ‘ncopp’a grotta. Posto in alto, sul presepe, Benino dorme e sogna l’avverarsi di un evento epocale, l’inizio di una nuova vita, della nascita-rinascita. La sua è una condizione di incoscienza, che può permettere di elevarsi ad un livello superiore e toccare vette inesplorate, oltre la sfera terrena, vedere la luce e risvegliare la propria coscienza. Il suo destarsi è appunto rinascita, ma descrive anche il passaggio dalla fanciullezza all’età adulta. Nasce uomo nuovo, splendente nella nuova Luce. Benino sogna una moltitudine di pastori, gente umile, insieme con le pecore, gli animali più remissivi e mansueti, che si incamminano verso una grotta da cui si sprigiona una gran luminosità. Benino è il fanciulletto come il fanciullo divino, è nell’età della purezza, umile esattamente come i pastori, e, nel sogno, va contento verso la luce. L'umanità è in grado di avvicinarsi all’eternità solo nei sogni, quando è inconsapevole e libera dagli schemi logici che la vincolano. 
Lo rivediamo estasiato e meravigliato nella figura del “Pastore delle Meraviglie” posto vicino alla grotta con faccia sorpresa e felice, alla fine del suo viaggio, quando accecato dalla rivelazione non trova parole per esprimerla e si limita a spalancare la bocca al cospetto del meraviglioso.

Il pescatore e il cacciatore collegati direttamente al fiume: il cacciatore è nella parte alta del corso d’acqua, il pescatore nella parte bassa. Il primo, con un anacronistico fucile da caccia, rappresenta la morte. Il secondo la vita, o, per meglio dire, la rinascita. Vita eterna ed immortalità sono associate spesso alla figura dei pesci.

La zingara, rappresenta la profezia e richiama l'antica Sibilla. E' la rappresentazione delle streghe e delle eretiche, visionaria, benedicente e maledicente allo stesso tempo. Di solito è posta, non a caso, vicino al pozzo. Altre volte, invece, viene rappresentata solo con un infante in braccio. In questo caso simboleggia la condizione di Maria dopo la persecuzione di Erode. In quel contesto infatti la Madonna fu costretta a vagabondare col suo bambino per evitare che venisse ucciso, proprio come una zingara. Questo personaggio altre volte ha tra le mani dei chiodi che indicano il futuro del piccolo nascituro: la Crocifissione. 

La Lavandaia, rappresenta la testimone del parto divino, è quindi anche la Levatrice e viene messa vicino alla fontana. Lei è la purificatrice, colei che lava i panni del parto rossi di sangue, è una guida e un ponte tra la vita e la morte.

I due compari, i giocatori di carte, Zi Vicienzo e Zi Nicola, o Zi Pascale. La loro denominazione è dovuta al carnevale che in campagna è chiamato Vincenzo e alla Morte il cui nome era Zi’ Pascale. Sono anche conosciuti come “i San Giovanni” e si riferiscono ai due solstizi del 24 dicembre e del 24 giugno.

Gli zampognari sono due: il Piffero, il più giovane, allegro, frizzante, estroso è vestito di verde; la Zampogna, il più anziano, con gli abiti scuri della modestia, di colui che ha imparato a tacere, che frena l’irruenza del Piffero e mantiene il tempo e il ritmo.

Gli ambulanti, o venditori sono 12, come i mesi dell'anno:
Gennaio è rappresentato dal macellaio o dal salumiere,
Febbraio dal venditore di ricotta e formaggio,
Marzo dal pollivendolo, o venditore di uccelli,
Aprile dal venditore di uova,
Maggio è rappresentato da una coppia di sposi con un cesto di frutta,
Giugno dal panettiere e dal farinaio,
Luglio dal venditore di pomodori,
Agosto dal venditore di cocomeri,
Settembre  dal venditore di fichi o dal seminatore,
Ottobre è rappresentato dal vinaio e dal cacciatore,
Novembre è il venditore di castagne,
Dicembre dal pescivendolo.

I Mendicanti, Zoppi e Ciechi non dovrebbero mai mancare su un presepe. Essi rappresentano le anime del Purgatorio che chiedono preghiere ai vivi. Nelle festività, specialmente a Natale, nessuno dovrebbe dimenticare una preghiera per le “anime pezzentelle”.

I pastori e le pecore rappresentano il gregge dei fedeli guidati dai pastori di Dio.

Il Falegname non può mancare nel presepe napoletano poiché richiama il mestiere di San Giuseppe.

Il Fruttivendolo con la sua bancarella di variegati prodotti ha il significato augurale di ricchezza e abbondanza.

Lo scartellato (o gobbo) è un soggetto tipicamente legato alla superstizione: la sua gobba , i corni che si porta dietro e i ferri di cavallo portano fortuna e scacciano il malaugurio.

Altri elementi spesso presenti nel presepe sono gli angeli generalmente tre, che a spirale, segno di vita, con abiti di foggia distinta, si innalzano da essa verso il cielo. L’angelo centrale con la scritta Gloria in excelsis Deo ha una veste giallo dorata; sulla sua destra quello vestito di bianco con l’incensiere in mano, gloria del Figlio, e la Gloria dello Spirito Santo angelo vestito di rosso che suona la tromba.

Nel presepe non manca mai la Stella a cinque punte che indica il cammino e rappresenta la rivelazione e la quintaessenza.

Il presepe si completa con l’arrivo dei doni. Il viaggio simbolico termina con il viaggio reale dei Magi, uomini saggi che dall’Oriente, luogo dell'Alba, vengono ad osannare la nuova Luce.
Simboleggiano il Sole che viaggia nei tre momenti della giornata: mattino, pomeriggio e sera, le etnie umane conosciute, la rivelazione, i presagi divinatori.
Essi vengono rappresentati in numero di tre e sono:

Melchiorre dall’Asia, il più anziano, porta in dono l’Oro.
Baldassarre dall'Africa, età matura, porta in dono Incenso.
Gasparre dall'Europa, re di Saba, porta in dono Mirra.

Sono vestiti riccamente anche se dovrebbero avere colori di vestiti differenti e precisi, ma avanzano su tre cavalcature di colore Nero, Bianco e Rossiccio, i colori delle fasi alchemiche. I Magi infatti portano il cappello Frigio degli alchimisti.
Vengono spesso accompagnati da un quarto Magio, tutto vestito in nero, la Regina di Saba, la Lilith, la Luna Nera. Portando al neofita i loro doni lo incoronano tre volte Re. I doni sono altrettanto simbolici: l’Oro è Regalità; l’Incenso è la Divinità; la Mirra è la Purificazione. Si fanno giungere il 6 gennaio, data dell’Epifania, cioè della Rivelazione. Con la consacrazione degli Uomini di Luce, viene così completato il viaggio iniziatico dell’essere umano verso la perfezione. La trasformazione è totale. L'essere umano rinato è il nuovo Sole.

Ora voi vi chiederete cosa c'entra il presepe con l'Alveare di Brigit, ebbene vi rispondo nulla di preciso e tutto. Il presepe è una tradizione antica legata alla mia terra, che nasce già come rappresentazione sincretica e simbolica di qualcosa di universale. Come Brigit rappresenta un ponte tra il vecchio e il nuovo e molti degli elementi presenti al suo interno sono facilmente collegabili, a livello simbolico, anche alla Dea e a Brigit come divinità solare e pastorale, legata alla maternità, soglia e alle acque.
Nella mia vita, soprattutto da giovane, ci sono stati dei momenti di vero e proprio rifiuto della tradizione, una fase forse necessaria per trovare la mia vita e staccarmi da quelle che sentivo come catene, ma ora, con il passare del tempo inizio a comprendere il valore di ciò che è stato tramandato e l'importanza del non permettere che alcune cose vadano perdute. 
Sono del parere che le tradizioni necessitino di cambiare forma, conservando la propria essenza, per adattarsi ai mutamenti sociali e restare vive e a me piace l'idea di poter adattare una tradizione di famiglia così bella al mio percorso spirituale, anche se diverso da quello dei miei genitori, senza creare divisioni, ma nello spirito di unità e connessione che Brigit stessa insegna.

Quindi perché non provare a realizzare un presepe simbolico dell'Alveare di Brigit-Belisama? Divertitevi a creare e a sperimentare, lasciate che sia la Dea stessa a guidarvi.

Sereno Tempo del Sogno a voi!
Alma Nimue

sabato 24 dicembre 2022

La magia del Solstizio

Immagine di Maria Mola

❄️ La magia del Solstizio sta nell'attesa. 
Un'attesa ricca di significato, semplicità e autenticità. 
Un'attesa che profuma di sogni, di miracoli, del mistero della vita, di speranza, di silenzio e intimità, di gesti e sorrisi condivisi, di ascolto e accoglienza, di focolare  e tana sicura, di consapevolezze acquisite, di vento gelido che spoglia, libera e pulisce, che ci riporta all'Essenza delle cose e di ciò che siamo.❄️

✨È il ricordo della Fiamma che mai si spegne, ma che semplicemente si rinnova e che non esisterebbe senza il buio✨

- Alma Nimue -

giovedì 22 dicembre 2022

Accensione della Fiamma di Brigit-Belisama e apertura del primo Tempio del Fuoco nelle Marche

 🔥Il 12/11/2022 si è svolta la Cerimonia di accenzione della Fiamma di Brigit-Belisama e l'inaugurazione del primo Tempio del Fuoco nelle Marche, creato e gestito dalla nostra Chiara Bridea Malvestiti, che potete seguire su Instagram @tempiodibrigitbelisama

🐝Il tutto condito da momenti di grande bellezza, gioia e condivisione, con workshop e presentazione del nuovo percorso dell'Alveare che aprirà le porte il prossimo anno. La Via del Fuoco d'Ambra© percorso creato e guidato da Chiara Bridea Malvestiti e dedicato interamente alla Custodia della Fiamma Sacra della Dea. Se siete interessate/i potete contattare Chiara all'indirizzo e-mail chiara.malvestiti@hotmail.it

❤️È stato incredibilmente emozionante, intenso e nutriente. Ringraziamo i/le partecipanti e le meravigliose Sorelle che hanno fatto da Ancelle durante la Cerimonia. Grazie a @mitta_stria
@serena_moona @kealian76 e @_smilingwillow_ per aver rappresentato meravigliosamente  gli Elementi, che si sono resi presenti e partecipi. Grazie a @lunart_feoh e Elena Fantinati per aver condotto il momento delle purificazioni. Grazie a Francesco per il suo preziosissimo aiuto e ai Cavalieri che con le loro spade hanno custodito lo Spazio Sacro. Grazie anche ai proprietari del Giardino delle Farfalle per la loro disponibilità ed entusiasta accoglienza. Grazie al luogo incantato che ci ha ospitate/i e allo Spirito dell'Acero secolare che era lì presente.

🙏📸 Condividiamo con voi alcuni scatti di Emily Levantesi, che ringraziamo immensamente per la bellezza che è riuscita a catturare nelle sue foto. Grazie anche a tutte coloro che hanno immortalato i momenti preziosi di questi giorni.

✨Custodiremo questi ricordi nel cuore, coscienti che è solo l'inizio di un lungo cammino che conduce tra le braccia di Brigit-Belisama ✨

💥La Fiamma di Brigit-Belisama contiene in sé, oltre alle benedizioni dei presenti alla cerimonia, la Fiamma di Kildare, quella di Avalon, la Fiamma di Afrodite del Tempio della Grande Dea di Roma, quella di Maatreís del Tempio della Madre del Safinim, la Fiamma del Tempio internazionale della Dea di Milano e la Fiamma della Grotta di Maria. Tutte queste Fiamme a loro volta accolgono altre Fiamme sacre provenienti da tutto il mondo, in spirito di Sorellanza, Fratellanza, connessione e collaborazione, siamo la rete luminosa della Dea nel Mondo. 

Se desideri ricevere la tua Fiamma a casa, puoi scrivere all'indirizzo kailamaatreis@gmail.com













giovedì 15 dicembre 2022

Biscotti dell'Alveare


⧫Ingredienti:
100 g di burro (in alternativa margarina vegetale)
50 g di miele (in alternativa sciroppo d'acero, o miele vegano)
120 ml di acqua circa (se occorre)
1 cucchiaino di cannella in polvere  
150 g di zucchero
5 g di lievito per dolci
350 g di farina 00
Buccia grattugiata di un'arancia biologica
1 pizzico di sale

Confettura di albicocca
Zucchero a velo
Acqua q.b.

🥣Procuratevi anche:
Una ciotola
Un cucchiaino
Una bilancia
Un piano da lavoro con farina per spolverare
Mattarello
Tagliabiscotti a forma di esagono, oppure un coltello o una rotella tagliapasta
Teglia foderata con carta da forno.

💫Procedimento:
Per prima cosa invitate Brigit ad essere con voi. Centratevi nel cuore, accendete una candela e invocatela con parole che vengono dal cuore o con queste parole:

"Brigit, Signora della Sacra Fiamma, sii presente con me e benedici il mio lavoro presso il Focolare"

In una ciotola versate la farina, la cannella, la buccia grattugiata d'arancia, il miele, lo zucchero, il lievito, un pizzico di sale e il burro ammorbidito.
Iniziate ad impastare, noterete che il risultato ha un aspetto farinoso, a questo punto aggiungete l'acqua un goccino alla volta, fino ad ottenere un impasto compatto, liscio e morbido. Deve avere il classico aspetto della frolla. La quantità di acqua dipende dalla fluidità del miele, nel mio caso ad esempio, avendo usato miele di acacia molto fluido mi è bastata meno della metà dell'acqua indicata in ricetta.
Nelle ricette del Focolare ogni ingrediente ha il suo perché e apporta le sue energie al preparato. 
La farina è simbolo di fertilità e porta nutrimenti e abbondanza; 
la cannella è una spezia infuocata e porta protezione, guarigione, armonia e salute, in più riscalda il cuore e il corpo;
l'arancia è l'agrume della gioia, ci aiuta ad entrare in contatto con il nostro bambino o la nostra bambina interiore. E' un frutto solare, porta quindi luce, speranza e sostiene nei momenti difficili, di perdita, lutto o depressione;
il burro porta purezza, sostentamento e positività;
il miele e lo zucchero attraggono dolcezza, ammorbidiscono il cuore, smussano gli angoli e le tensioni, il miele in più porta anche amore e benedizione divina;
il pizzico di sale è un esaltatore e oltre a purificare dona sapore alla vita.
Mentre impastate concentratevi sulle energie che volete infondere ai vostri biscotti e cantate con gioia. Potete ripetere anche la seguente formula:

"Il fuoco riscalda e rinforza,
l'acqua disseta e guarisce,
la terra nutre, sostiene e protegge,
l'aria è il soffio della vita e dell'ispirazione,
lo spirito porta benedizione ed equilibrio,
le mani curano e impastano con amore."

Avvolgete l'impasto in una pellicola alimentare e lasciatelo riposare in frigo per circa 30 minuti. Preriscaldate il forno a 170°C. Stendete l'impasto con uno spessore di circa 1 cm. e tagliate i vostri biscotti a forma esagonale. Se volete usare la confettura, prendete due biscotti, ritagliate l'interno di uno dei due, in modo da creare una cornice esagonale, e sovrapponetelo all'altro, mettete uno strato di confettura all'interno della cornice, come potete vedere anche in foto. Posizionate i biscotti su una teglia foderata con carta forno. 
Centratevi nuovamente nel cuore, tenendo le mani sul petto, quando iniziate a sentire calore, imponete le mani sulla teglia di biscotti e chiedete la benedizione di Brigit:

"Tre donne di luce vennero dal Nord, per donare le loro benedizioni a questo cibo.
La prima portando il fuoco disse: Non avrai più freddo né buio!
La seconda portando l'acqua disse: Non avrai più sete nel corpo e nell'anima!
La terza portando il calderone disse: Non avrai più fame né stenti!
Nel nome delle Tre che sono Una, protezione, salute e nutrimento sia!
Che la benedizione di Brigit sia con noi, scenda su questo cibo e su coloro che godranno dei frutti del mio lavoro presso il Focolare. Sia così!"

Tracciate un triskell sui biscotti.
Infornate per 15 minuti circa. Il tempo varia in base al forno, quindi controllateli, quando sono ben dorati saranno pronti, attente/i a non bruciarli. Lasciateli raffreddare completamente. Potete decorarli con la glassa all'acqua. In una ciotola versate dello zucchero a velo e aggiungete un goccio d'acqua alla volta mescolando, fino ad ottenere una crema fluida, vi assicuro che ne basterà pochissima, quindi fate attenzione, perché è un soffio a farlo diventare liquido e inutilizzabile. Usate la glassa come preferite sui biscotti.

- Alma Nimue -

Codirosso spazzacamino


🔥Il codirosso spazzacamino è un delizioso uccellino passeriforme, troppo poco considerato a livello spirituale, eppure per me è sempre stato un messaggero di Brigit. Porta la Sua Fiamma nell'oscurità dell'Inverno, custodendola con cura. Il suo manto grigio scuro, con toni verdastri nelle femmine, la sua coda rosso-arancio e la macchia bianca nella zona alare ricordano i colori stagionali della terra, facendone un degno rappresentante di Dea. Sono creature territoriali e monogame, che nutrono e accudiscono insieme i propri pulcini, ha ottime capacità di adattamento e il suo verso è un ticchetìo intervallato da suoni più melodiosi. Il nome "spazzacamino" è dovuto al suo colore fuligginoso da cui di estende la coda rossa, proprio a ricordare la brace viva sotto al cenere, in più sembra sia solito ispezionare i camini montani in cerca di insetti. È per questo una delle creature sacre a Brigit del Focolare. È annunciatore del nuovo giorno e per estensione delle nuove nascite e simbolo di rinnovamento e buona fortuna, infatti inizia a cantare molto prima dell'alba dando il via al concerto mattutino degli uccelli.

- Alma Nimue -

lunedì 12 dicembre 2022

MASSI ERRATICI E MADONNE NERE di Michela Piazza


A 1159 metri, in una conca naturale tra le Alpi Biellesi, si trova la Madonna Nera del Santuario di Oropa. In questo sito Maria viene venerata da tempi antichissimi. Addirittura si dice che Oropa sia uno dei primi luoghi a lei dedicati, risalente al IV secolo.
Il culto, secondo la tradizione, fu qui introdotto da S. Eusebio, vescovo di Vercelli. Questi, dopo essere stato in Terra Santa, tornò dall'oriente con una statua o un’effigie raffigurante la Madonna e la collocò tra le rocce di Oropa. Perché proprio lì?
Nel IV secolo, nelle valli alpine Piemontesi, era vivo il paganesimo celtico. In particolare Oropa rappresentava per le popolazioni locali un luogo di venerazione di antiche divinità femminili, le Matres. Era anzi una sorta di “santuario” delle stesse, un punto di ritrovo dei fedeli, verso il quale si compiva quello che oggi definiremmo un pellegrinaggio. La barma o “caverna di rocce” di Oropa era considerata infatti, da tempo immemore, dispensatrice di salutari benefici fisici e di fecondità. L'antico ghiacciaio si era ritirato lasciando nella conca molti massi erratici e i celto liguri portavano avanti il culto litico. In particolare consideravano quelle pietre dotate di enormi poteri di guarigione. Girare attorno a una di esse e poggiarvi contro la schiena consentiva di propiziare la fertilità e di ottenere la salute. Questa tradizione è perdurata nei secoli e richiama casi simili. “Nei paesi celtici per eccellenza (Bretagna, Irlanda) sopravvivono numerosi esempi di pietre con le stesse modalità rituali di quelle di Oropa. (…) Era il culto delle Madri celtiche, considerate protettrici della fecondità, abitanti presso caverne e fonti. Un cromlek, un menhir, una barma (come a Oropa) era la loro sede.” (cit. M. Trompetto, Storia del Santuario). Ancora nel 1892 il culto litico e la credenza che, battendo contro la pietra, si potessero ottenere salute e fecondità rimanevano vive nella tradizione contadina biellese. Tornando ai tempi di Eusebio: le popolazioni montane, lontane dalle vie di comunicazione e dai centri cittadini, erano nel IV secolo quelle che restavano maggiormente legate alle religioni pagane. La cristianizzazione faticava a insediarsi, perché le genti mantenevano la devozione celtica verso i torrenti, i boschi e i grandi massi, ritenuti luoghi di presenza del femminino sacro. Come detto, a Oropa si veneravano le Matres o Matronae: protettrici dei campi, della natura e della famiglia. Questo culto, diffuso in tutto il vercellese, è documentato da reperti e fonti. In accordo con ciò che stavano facendo anche altri contemporanei, Eusebio decise di soppiantare i culti pagani con la venerazione per Maria. Dobbiamo ricordare che, in questo momento storico, la Madonna non era ancora la figura odierna a cui siamo abituati: il titolo di Madre di Dio le sarebbe stato ufficialmente riconosciuto solo un secolo dopo, nel 431, con il concilio di Efeso; la sua verginità perpetua non era un dogma (risale al 553 d.C.), né tanto meno lo era l'Immacolata concezione (ufficializzata solo nel 1854!). Il culto a lei dedicato era ancora agli esordi e si
andava definendo. Eusebio, che era uno dei sostenitori della devozione mariana, capì però che Maria era già la figura perfetta per sostituire senza traumi le divinità femminili precedenti: le Matres locali, ma anche Iside (rappresentata con il figlioletto e venerata per la pietà, la compassione e la partecipazione ai dolori dei fedeli) e le altre. Nella grotta di massi erratici sacra alle Matronae celtiche, Eusebio introdusse quindi il culto della Madonna. La tradizione vuole che il vescovo costruisse proprio al riparo della barma, di cui rimangono i resti nella fiancata settentrionale della Basilica antica, il Sacello in cui viene attualmente conservata la statua della Madonna Nera.

Quello che mi preme sottolineare è come, a Oropa, la figura di Maria incarni con continuità gli aspetti più importanti delle antiche dee.


La Madonna Nera è ritenuta capace di sanare, come le Matres dei massi erratici, e nel Santuario sono conservati innumerevoli ex voto che testimoniano guarigioni miracolose. Nella Basilica Superiore, poi, cicli di affreschi la celebrano come regina e addirittura come "corredemptrix", co-redentitrice, un termine davvero ardito che la pone alla pari con suo figlio e non a lui subordinata.
Sempre in questi affreschi Maria è detta "deipara", theotókos, madre di Dio: appunto il titolo propugnato da Eusebio e che richiama Iside e altre divinità femminili del passato; ed è Virgo in perpetuo, un termine che mi spinge a ricordare come per gli antichi questa definizione indicasse una dea indipendente e autonoma rispetto al principio maschile. La statua della Madonna nera è di fattura duecentesca e non può quindi essere quella portata (in modo presunto) da Eusebio dall'Oriente e dalla Palestina. Tuttavia la scelta del colore potrebbe a essa rimandare e si inserisce nella più vasta casistica di Madonne Nere note per le loro qualità miracolose. Come dicevo, la statua è posta in un sacello della Basilica Antica, che è costruita intorno a un masso erratico. Di più: parte del masso è ancora visibile a ridosso di uno dei muri e penetra all'interno della chiesa stessa.


La pietra era molto più grande, venne ridotta in epoca medievale, ma non fu mai tolta del tutto.
Fa parte della chiesa, sacra al pari della statua: due versioni della Madre che dispensa grazie, quella antica e quella cristiana, poste una accanto all'altra. Sovrapposte e unite a offrire benedizioni.

-Michela Piazza-

mercoledì 7 dicembre 2022

La Cailleach di Elena Albanese

La Cailleach di Elena Albanese

✨Con grande emozione vi presentiamo l'immagine della Cailleach Beira che Elena Albanese ha realizzato egregiamente per la Ruota di Brigit-Belisama. Non smetteremo mai di ringraziarti Elena per la tua Arte e per la tua capacità di dare forme alle nostre visioni, sei un portento ❤️

🌟Nella Ruota dell'Anno dell'Alveare, il periodo solstiziale che va da dicembre a febbraio, è il Tempo del Sogno, momento di riposo, silenzio e raccoglimento. E' il periodo di morte apparente e letargo in natura e per questo tutto acquisisce toni onirici, ovattati e intimi. In questa stagione di magia, mistero, iniziazione, integrazione e anche morte, Brigit ci mostra il suo volto Antico e senza Tempo, Lei è Beira, la Cailleach, la Velata, Regina e Strega dell’Inverno, Signora del freddo, dell’oscurità e della morte, ma anche la Creatrice di nuovi mondi, ed è anche Brigantia Caelestis (appellativo acquisito in epoca romana), la Celeste Signora del Cosmo e delle stelle, identificata con Giunone e Tanit.
La Cailleach è la Dea della Morte, che lascia morire ciò che non è più necessario, la Donna Pietra, Signora delle ossa, colei che spoglia e mostra l’essenziale, colei che chiude un ciclo vecchio e ne apre uno nuovo. Lei è infatti anche la custode del seme e della forza vitale, è tutt'uno con la terra. È una Dea molto potente e antica, Signora della Creazione e della Giustizia.

❄️"Dai cieli stellati vieni Caelestis, Cailleach Beira, Regina della Neve, Strega dell’Inverno. Vieni cavalcando i venti impetuosi, agitando il tuo martello tonante. 
Liberaci dalle nostre catene, soffia via le nubi nere dalla nostra mente, solleva i veli che ci coprono la vista, lucida la nostra visione. Dea Velata, Bianca Profetessa dagli occhi di civetta, Fata del destino, Custode delle Anime, Sognatrice e Tessitrice divina, Madre delle acque celesti, possa il tuo respiro soffiare su di noi per rinnovarci, possano le tue parole giungere alle nostre orecchie oh Antica e Saggia Signora della Creazione, Eterna rigeneratrice del mondo. Come ragni tessiamo insieme a te la nostra realtà, costruendo, pietra dopo pietra, la nostra vita. Porta del Mistero, guida le nostre azioni e ispira le nostre scelte. Possiamo trovare pace e ristoro, avvolti nel tuo manto di piume e neve. Insegnaci il dono del silenzio e l'importanza della parola. Insegnaci a comprendere quando è meglio tacere. Ispiraci parole sagge e vere quando è giusto parlare. Ristora la nostra anima dalle fatiche quotidiane. Profonda e oscura immensità, scintilla nella notte, siamo grati per i doni e l'abbondanza che riempiono le nostre vite,  per l'amore e la forza che ci trasmetti. Dolce è il canto delle nostre anime che si uniscono a te. Noi respiriamo la tua Essenza e ti portiamo nei nostri cuori e nelle nostre vite. Salve e Benvenuta Cailleach Beira, Signora Celeste.”❄️

🐝Alma Nimue🐝