lunedì 26 dicembre 2022

La simbologia del Presepe napoletano


Io sono campana e per noi il Presepe è una sorta d'istituzione, una tradizione molto forte e radicata. Sono cresciuta osservando papà che con passione e amore, tramesse da mio nonno, costruiva il presepe con le sue mani, con compensato, pezzi di legno e corteccia, sughero, muschio, fogli di alluminio e carta. Una volta terminato posizionava i personaggi al loro posto, piccole statuine spesso tramandate di generazione in generazione, per poi accendere le luci, ammirando con soddisfazione la sua opera e dando vita così a questa magia natalizia. Il presepe non è solo la rappresentazione della natività di Gesù, ma è molto di più, la sua simbologia è molto più profonda ed è per questo che facilmente potreste trovarlo anche nelle case di chi non è credente, o di chi è fortemente laico. Il presepe può essere fatto per devozione; per "affetto", perché è qualcosa che ci lega a chi ci ha preceduto o a ricordi di infanzia preziosi; perché crea atmosfera; perché è spesso una bellissima opera d'arte, creativa e ispirata; oppure perché si è pienamente consapevoli del suo significato e della sua simbologia. Il presepe infatti è il perfetto esempio della natura sincretica di Napoli, è un crogiolo di credenze popolari, pagane, esoteriche e cristiane, come vi mostrerò a breve, e in sintesi rappresenta il cammino evolutivo dell'anima verso la rinascita e l'illuminazione e la rinascita ciclica del Sole nel buio dell'Inverno, simbolo della speranza del rinnovamento della vita stessa.
Anche se alcuni documenti provano la presenza di presepi a Napoli già dal 1025, si fa risalire la sua nascita a San Francesco d'Assisi che nel 1223, a Greccio, organizzò il primo presepe vivente ricostruendo, con persone in carne ed ossa, lo spaccato sociale ed il simbolismo delle scenografie. Da qui inizia la riproduzione artistica dei personaggi che diventa vera e propria arte a Napoli, nei dintorni di San Gregorio Armeno, dove opera la comunità egizia-alessandrina. 
L'ambientazione del presepe è uno spaccato della Napoli del 1700, quando, durante il regno dei Borbone, ebbe il suo massimo splendore, con i suoi personaggi in abiti d'epoca, le sue case, le osterie, i suoi paesaggi naturali e la sua vita quotidiana. In quel periodo le vecchie sculture lasciano il posto ad immagini in terracotta; le facce vengono plasmate nella creta, il corpo mantenuto su strutture in fil di ferro e vestito con abiti di varie fogge. I visi, plasmati e verniciati perfettamente, ritraggono, per lo più, i volti del popolo, anche se poi, per mitomania, diversi nobili e anche il Re, fanno riprodurre pastori con le loro sembianze. Così prende piede la moda, che resiste tutt’ora, di essere rappresentati sul presepe quali importanti personaggi. 

Il paesaggio è montuoso e pieno di sentieri tortuosi, disseminati di pastori che scendono verso la grotta, sempre situata in basso e in primo piano. Questo perché bisogna scendere nelle tenebre prima di raggiungere la luce, cioè la rinascita rappresentata da Gesù Bambino. Il presepe si decora con muschio e foglie di agrifoglio e pungitopo per infastidire le anime che si credono vagare tra i vivi dal 2 novembre al 6 gennaio. 
L'etimologia della parola presepe o presepio si ricollega al latino presepium,  formato da prae- = innanzi e da saepes = recinto, siepe. Pertanto, presepe o presepio, significa letteralmente "luogo recintato da una siepe". In senso lato, stalla, mangiatoia.

Il "bambinello" viene fatto nascere non a Betlemme, in una mangiatoia, ma in una grotta nel cuore di Napoli, questo a ricordarci che il principio solare e cristico può nascere ovunque, anche dentro di noi. Inoltre la nascita in una fredda e spoglia grotta, su un lettino di paglia, vuole ricordare l'importanza dell'umiltà nel cammino evolutivo, perché "il più grande tra i Re è anche il più umile tra gli Uomini".
La grotta è il simbolo del grembo cosmico ed è collegamento tra il mondo dei vivi e quello dei morti (fattore che ritroveremo anche in altri elementi del presepe) ed è la scena principale del presepe, ma di fatto è la conclusione del viaggio raccontato dal presepe stesso. La grotta è anche il confine tra il buio e la luce, è la discesa agli Inferi per raggiungere una vita nuova. La grotta è anche intesa come luogo magico che ci riconduce all’antro della Sibilla Cumana e del suo famoso culto oracolare, o di grotte marine abitate da misteriose creature, ninfe e sirene.
Nella grotta avviene la manifestazione, la trasformazione dell'essere umano in essere divino, la nascita del Sole Spirituale, che si esprime attraverso l'unione del cielo, raffigurato da Maria con i suoi abiti celesti e bianchi, e della terra, rappresentata da Giuseppe nei suoi abiti bronzei, ma anche dell'Anima (Maria) e della Materia/Mente (Giuseppe). Nella grotta vi è l'Alfa e l'Omega, l'inizio e la fine di un ciclo eterno, la molteplicità che diventa unità. Nella grotta vi sono anche il bue e l'asinello, che non hanno solo la funzione di "riscaldare" il neonato, ma rappresentano il principio attivo e ricettivo, lo yin e lo yang, per dirla in termini orientali, le due forze della creazione in perfetto equilibrio. Entrambi (il bue con le sue corna a forma di luna e utero e l'asino con le sue orecchie lunghe a forma di vulva) ricordano il principio vitale, generativo e creativo. Inoltre rappresentano anche la forza e la tenacia, la mansuetudine e la testardaggine, la luce e il buio. L'asino ricordiamolo è anche un animale psicopompo legato al mondo sotterraneo, così come il bue è un animale solare. 
 Il 25 Dicembre, secondo il calendario Giuliano, era la data del Solstizio d’Inverno, data che sanciva la nascita del Sole. In questo giorno la potenza del Sole aumentava e le giornate iniziavano ad avere una maggiore durata, in Siria e in Egitto la natività era fortemente celebrata. I commemmoranti si recavano presso i santuari e scattata la mezzanotte, uscivano urlando “La Vergine Maria ha partorito”. Gli Egiziani raffiguravano il Sole appena nato con l'immagine di un neonato, la Vergine che il 25 Dicembre aveva dato alla luce il Bambino Divino, era la suprema dea orientale, che i Semiti chiamavano Vergine Celeste. Anche la nascita di Mitra, che rappresentava il Sole, avveniva il 25 Dicembre, così come Horus, Adone, Tammuz, Attis, Bacco e Freyr.

La grotta della natività è al centro della scena, ma solitamente ai due lati vi sono altre due grotte, a destra c'è la locanda, piena di delizie e svaghi, con la meretrice, il locandiere e Cicci Bacco con il suo fiasco di vino, rappresenta gli ostacoli e le distrazioni che l'anima incontra sul suo cammino. Sul tavolo della locanda/taverna abbondano le vivande da consumare durante il pranzo di Natale, che è in realtà un banchetto funebre, visto che si seppellisce il tempo che muore prima di rinascere.
Dalla grotta a sinistra viene fatto uscire, con un carro carico di botti di vino, Bacco, bello, grassoccio, rubizzo, preceduto e seguito da un corteo di uomini che con zampogne e pifferi scandiscono gli orgiastici ritmi dionisiaci. A Napoli è “O Zi Bacco ‘ncoppa a votta”. È l’altro dio, il rappresentante di Dioniso, anch’esso fatto nascere il 25 dicembre. Il suo compito è trasportare il nettare divino e superare il ponte sull’acqua rimandando al passaggio dal mondo dei morti a quello dei vivi, ma anche alla natura che da questo momento rinasce ricordando il mito di Cerere nei misteri Eleusini ed invitando le persone a gioire, amare, festeggiare. Sul ponte e vicino ad esso, vengono anche poste figure tristi e sinistre che tendono ad ostacolare il passaggio da una riva all’altra. Durante il periodo natalizio si narrava di apparizioni di lupi mannari, di monache con la testa mozzata degli amanti, degli impiccati e dei giustiziati.

Il fiume con l'acqua che fluisce, rappresenta il liquido amniotico e la nascita della vita, ma anche il tempo che scorre: passato, presente e futuro.
L'acqua è uno degli elementi alchemici principali e nel presepe si ritrova anche nel pozzo e nella fontana, sempre presenti ed entrambi associati alla Madonna, sostituta delle antiche dee delle acque sacre e curative. Il pozzo è il collegamento tra il mondo di sotto e il mondo di sopra e credenza popolare voleva che non si attingesse acqua durante la notte di Natale perché vi era il rischio di essere trascinate/i nelle sue profondità da Maria 'a manalonga, una specie di spirito maligno. Un'altra credenza voleva che  in questa notte le acque riflettessero i volti di chi sarebbe morto durante l'anno successivo. Il pozzo rappresenta quindi l'accesso agli Inferi e l'oscurità in cui l'essere umano può cadere durante la sua esistenza. 
E proprio dalle viscere della terra, dal regno dei morti, l’acqua, ormai libera e pura, sgorga dalla Fontana, altra figura chiave. Vicino alle fonti o nei pressi di esse, infatti, avvengono le migliori rivelazioni. Nei racconti popolari campani è sempre vicino alle fontane che avvengono gli incontri amorosi e le apparizioni fantastiche. Dove scorre l’acqua esistono le giuste vibrazioni e le energie vitali ed è questo il motivo per cui gli uomini che ‘sanno’ hanno costruito lì templi e chiese. La donna alla fontana, che generalmente si rappresenta, è la Madonna stessa, che secondo alcuni vangeli apocrifi pare stesse attingendo acqua alla fonte nel momento dell’Annunciazione.

Nel presepe è poi presente quasi sempre il mulino che con le sue pale rappresenta la ciclicità del tempo, ma ricorda anche con la sua macina il processo di morte e trasformazione del grano in farina e poi in pane che nutre la vita. Anche questo elemento rimanda, come Bacco, ai Misteri Eleusini di Cerere/Demetra. 
Si collega al Mulino anche il Forno, altro elemento essenziale del presepe, deputato alla cottura del pane e nuovamente simbolo di trasformazione, creazione e in sé rappresentazione dell'utero. Il tutto è un ulteriore simbolo di Cerere, la Madre Terra, raffigurata anche nella Donna che tiene nascosto e stretto a sé il bambino per non farlo ricadere nelle Tenebre.

Esaminati alcuni elementi del paesaggio, cerchiamo ora di analizzare i personaggi della scena.

Uno dei personaggi più importanti del presepe è Benino, per i napoletani, Benit ‘ncopp’a grotta. Posto in alto, sul presepe, Benino dorme e sogna l’avverarsi di un evento epocale, l’inizio di una nuova vita, della nascita-rinascita. La sua è una condizione di incoscienza, che può permettere di elevarsi ad un livello superiore e toccare vette inesplorate, oltre la sfera terrena, vedere la luce e risvegliare la propria coscienza. Il suo destarsi è appunto rinascita, ma descrive anche il passaggio dalla fanciullezza all’età adulta. Nasce uomo nuovo, splendente nella nuova Luce. Benino sogna una moltitudine di pastori, gente umile, insieme con le pecore, gli animali più remissivi e mansueti, che si incamminano verso una grotta da cui si sprigiona una gran luminosità. Benino è il fanciulletto come il fanciullo divino, è nell’età della purezza, umile esattamente come i pastori, e, nel sogno, va contento verso la luce. L'umanità è in grado di avvicinarsi all’eternità solo nei sogni, quando è inconsapevole e libera dagli schemi logici che la vincolano. 
Lo rivediamo estasiato e meravigliato nella figura del “Pastore delle Meraviglie” posto vicino alla grotta con faccia sorpresa e felice, alla fine del suo viaggio, quando accecato dalla rivelazione non trova parole per esprimerla e si limita a spalancare la bocca al cospetto del meraviglioso.

Il pescatore e il cacciatore collegati direttamente al fiume: il cacciatore è nella parte alta del corso d’acqua, il pescatore nella parte bassa. Il primo, con un anacronistico fucile da caccia, rappresenta la morte. Il secondo la vita, o, per meglio dire, la rinascita. Vita eterna ed immortalità sono associate spesso alla figura dei pesci.

La zingara, rappresenta la profezia e richiama l'antica Sibilla. E' la rappresentazione delle streghe e delle eretiche, visionaria, benedicente e maledicente allo stesso tempo. Di solito è posta, non a caso, vicino al pozzo. Altre volte, invece, viene rappresentata solo con un infante in braccio. In questo caso simboleggia la condizione di Maria dopo la persecuzione di Erode. In quel contesto infatti la Madonna fu costretta a vagabondare col suo bambino per evitare che venisse ucciso, proprio come una zingara. Questo personaggio altre volte ha tra le mani dei chiodi che indicano il futuro del piccolo nascituro: la Crocifissione. 

La Lavandaia, rappresenta la testimone del parto divino, è quindi anche la Levatrice e viene messa vicino alla fontana. Lei è la purificatrice, colei che lava i panni del parto rossi di sangue, è una guida e un ponte tra la vita e la morte.

I due compari, i giocatori di carte, Zi Vicienzo e Zi Nicola, o Zi Pascale. La loro denominazione è dovuta al carnevale che in campagna è chiamato Vincenzo e alla Morte il cui nome era Zi’ Pascale. Sono anche conosciuti come “i San Giovanni” e si riferiscono ai due solstizi del 24 dicembre e del 24 giugno.

Gli zampognari sono due: il Piffero, il più giovane, allegro, frizzante, estroso è vestito di verde; la Zampogna, il più anziano, con gli abiti scuri della modestia, di colui che ha imparato a tacere, che frena l’irruenza del Piffero e mantiene il tempo e il ritmo.

Gli ambulanti, o venditori sono 12, come i mesi dell'anno:
Gennaio è rappresentato dal macellaio o dal salumiere,
Febbraio dal venditore di ricotta e formaggio,
Marzo dal pollivendolo, o venditore di uccelli,
Aprile dal venditore di uova,
Maggio è rappresentato da una coppia di sposi con un cesto di frutta,
Giugno dal panettiere e dal farinaio,
Luglio dal venditore di pomodori,
Agosto dal venditore di cocomeri,
Settembre  dal venditore di fichi o dal seminatore,
Ottobre è rappresentato dal vinaio e dal cacciatore,
Novembre è il venditore di castagne,
Dicembre dal pescivendolo.

I Mendicanti, Zoppi e Ciechi non dovrebbero mai mancare su un presepe. Essi rappresentano le anime del Purgatorio che chiedono preghiere ai vivi. Nelle festività, specialmente a Natale, nessuno dovrebbe dimenticare una preghiera per le “anime pezzentelle”.

I pastori e le pecore rappresentano il gregge dei fedeli guidati dai pastori di Dio.

Il Falegname non può mancare nel presepe napoletano poiché richiama il mestiere di San Giuseppe.

Il Fruttivendolo con la sua bancarella di variegati prodotti ha il significato augurale di ricchezza e abbondanza.

Lo scartellato (o gobbo) è un soggetto tipicamente legato alla superstizione: la sua gobba , i corni che si porta dietro e i ferri di cavallo portano fortuna e scacciano il malaugurio.

Altri elementi spesso presenti nel presepe sono gli angeli generalmente tre, che a spirale, segno di vita, con abiti di foggia distinta, si innalzano da essa verso il cielo. L’angelo centrale con la scritta Gloria in excelsis Deo ha una veste giallo dorata; sulla sua destra quello vestito di bianco con l’incensiere in mano, gloria del Figlio, e la Gloria dello Spirito Santo angelo vestito di rosso che suona la tromba.

Nel presepe non manca mai la Stella a cinque punte che indica il cammino e rappresenta la rivelazione e la quintaessenza.

Il presepe si completa con l’arrivo dei doni. Il viaggio simbolico termina con il viaggio reale dei Magi, uomini saggi che dall’Oriente, luogo dell'Alba, vengono ad osannare la nuova Luce.
Simboleggiano il Sole che viaggia nei tre momenti della giornata: mattino, pomeriggio e sera, le etnie umane conosciute, la rivelazione, i presagi divinatori.
Essi vengono rappresentati in numero di tre e sono:

Melchiorre dall’Asia, il più anziano, porta in dono l’Oro.
Baldassarre dall'Africa, età matura, porta in dono Incenso.
Gasparre dall'Europa, re di Saba, porta in dono Mirra.

Sono vestiti riccamente anche se dovrebbero avere colori di vestiti differenti e precisi, ma avanzano su tre cavalcature di colore Nero, Bianco e Rossiccio, i colori delle fasi alchemiche. I Magi infatti portano il cappello Frigio degli alchimisti.
Vengono spesso accompagnati da un quarto Magio, tutto vestito in nero, la Regina di Saba, la Lilith, la Luna Nera. Portando al neofita i loro doni lo incoronano tre volte Re. I doni sono altrettanto simbolici: l’Oro è Regalità; l’Incenso è la Divinità; la Mirra è la Purificazione. Si fanno giungere il 6 gennaio, data dell’Epifania, cioè della Rivelazione. Con la consacrazione degli Uomini di Luce, viene così completato il viaggio iniziatico dell’essere umano verso la perfezione. La trasformazione è totale. L'essere umano rinato è il nuovo Sole.

Ora voi vi chiederete cosa c'entra il presepe con l'Alveare di Brigit, ebbene vi rispondo nulla di preciso e tutto. Il presepe è una tradizione antica legata alla mia terra, che nasce già come rappresentazione sincretica e simbolica di qualcosa di universale. Come Brigit rappresenta un ponte tra il vecchio e il nuovo e molti degli elementi presenti al suo interno sono facilmente collegabili, a livello simbolico, anche alla Dea e a Brigit come divinità solare e pastorale, legata alla maternità, soglia e alle acque.
Nella mia vita, soprattutto da giovane, ci sono stati dei momenti di vero e proprio rifiuto della tradizione, una fase forse necessaria per trovare la mia vita e staccarmi da quelle che sentivo come catene, ma ora, con il passare del tempo inizio a comprendere il valore di ciò che è stato tramandato e l'importanza del non permettere che alcune cose vadano perdute. 
Sono del parere che le tradizioni necessitino di cambiare forma, conservando la propria essenza, per adattarsi ai mutamenti sociali e restare vive e a me piace l'idea di poter adattare una tradizione di famiglia così bella al mio percorso spirituale, anche se diverso da quello dei miei genitori, senza creare divisioni, ma nello spirito di unità e connessione che Brigit stessa insegna.

Quindi perché non provare a realizzare un presepe simbolico dell'Alveare di Brigit-Belisama? Divertitevi a creare e a sperimentare, lasciate che sia la Dea stessa a guidarvi.

Sereno Tempo del Sogno a voi!
Alma Nimue

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