Continuiamo la nostra esplorazione del tempo dell'attesa parlando del rito, che è il linguaggio attraverso cui il sacro si manifesta nella nostra vita. I riti sono gesti che raccontano senza parole, che riconnettono la nostra vita al ritmo più grande dell'universo. Non servono discorsi, non servono spiegazioni: il gesto stesso, che in qualche modo si fa simbolo, parla, crea un ponte invisibile tra ciò che vediamo e ciò che sentiamo, tra il visibile e l'invisibile.
✨La parola rito viene dal latino "ritus", che a sua volta si ricollega al greco "arithmòs" (numero), suggerendo un'idea di procedere in modo misurato e ordinato. Ma se andiamo più a fondo possiamo rintracciare le sue radici nella parola sanscrita ṛta, che significa "misurato" - "scorrere" - "ordine cosmico" - "ordine stabilito dagli dèi". Ritualizzare, quindi, non è solo ripetere un gesto: è riconnettersi all'armonia del tutto, entrare nel flusso della vita che pulsa oltre il nostro piccolo io.
Ogni volta che compiamo un rito, piccolo o grande che sia, il tempo profano (quello delle scadenze, delle notifiche, della fretta) lascia il posto a un tempo sacro, circolare e lento. Un rito, se fatto con presenza e volontà, non è solo un gesto meccanico, ma un portale. È un linguaggio silenzioso con cui diciamo alla vita: "Ti vedo. Ti onoro. Ti ascolto." I riti non devono essere complicati, il rito più bello è quello più sentito e può trovare casa nella semplicità.
🔥Per questo giorno vi invito quindi a creare il vostro rito quotidiano, da ripetere ogni giorno in questo tempo di attesa, come un filo dorato che collegherà tutti i giorni, accompagnandovi al Solstizio.
🕯️Prendetevi poi del tempo per stare con Brigit. Accendete la vostra candela e oggi rivolgetevi alla Guaritrice. Portate le mani sul cuore e dite:
"Brigit, Signora della Guarigione, lava con acqua di luce ciò che duole, ciò che tace."
Immaginate una sorgente che scorre dentro di voi portando via, lavando e guarendo le vostre ferite. Ringraziate.
Questo Tempo di Attesa ci conduce oggi al nostro corpo. Abbiamo parlato di silenzio, di maschere, di sacro, di rito, di gioia e leggerezza, oggi invece torniamo alla materia, perché è nel corpo che tutto accade: le maschere che indossiamo, le emozioni che tratteniamo, la leggerezza che cerchiamo. Ed è proprio nel corpo che possiamo ritrovare la nostra casa più vera.
🌲C'è un'immagine che esprime bene tutto questo ed è quella dell'Albero. Quando noi ci facciamo albero, durante le pratiche di radicamento, estendiamo la nostra colonna vertebrale, abbiamo i piedi ben piantati a terra e la testa che si innalza verso il cielo e il respiro sale e scende tra questi due poli, consapevole, come un ponte invisibile.
L'Albero non si sforza di essere albero. Non cerca di essere diverso da quello che è. Semplicemente sta, radicato e presente, lasciando che il vento lo accarezzi, che le stagioni la cambino, che la neve la copra e poi si sciolga, che le foglie, i fiori e i frutti lo ricoprano. È solida, stabile, ma non rigida nei confronti della vita.
L'Albero ci insegna che possiamo essere radicati senza essere rigidi, possiamo cambiare senza perderci.
✨Oggi quindi vi invito a fermarvi, anche solo per pochi minuti, e a stare in piedi, se lo fate all'aperto, con i piedi sulla terra, è anche meglio. È un esercizio semplice, ma efficace.
Basta che stiate in piedi, che portiate attenzione ai vostri piedi ben appoggiati a terra, le braccia lungo i fianchi, la schiena dritta ma non tesa.
Chiudete gli occhi se vi va, oppure teneteli socchiusi guardando un punto davanti a voi.
Sentite il contatto dei piedi con il pavimento o la terra. Percepite il peso del corpo che si distribuisce sulle piante dei piedi.
Poi portate l'attenzione al respiro: sentite l'aria che entra dal naso, scende nei polmoni, riempie il petto e la pancia. E poi esce, lentamente, portando via tutto ciò che non serve più.
Restate lì per qualche minuto. Non fate nulla. Semplicemente respirate e state con le sensazioni del corpo.
Siate come un albero che osserva il mondo cambiare intorno a sé, senza che questo lo tocchi.
🕯️Quando siete pronte/i, accendete la vostra candela e chieditetevi:
"Dove sento il mio corpo rigido, contratto?"
"Dove invece sento apertura e spazio?"
"Cosa mi sta dicendo il mio respiro oggi?"
Poi chiudete gli occhi, respirate come se sotto di voi scorresse acqua viva. Ogni respiro è un cerchio che si allarga e vi espande. Dite:
"Sorgente eterna, sgorga nel mio respiro e rendilo limpido".
State in questo spazio il tempo che volete e alla fine ringraziate.
7 DICEMBRE
Nei giorni scorsi abbiamo affrontato diversi temi, ci siamo mossi nella dimensione del rito, ora è tempo di portare questo sacro dentro l'ordinario.
Perché se sacro è ogni gesto fatto con consapevolezza e presenza, cosa ci impedisce di rendere ogni nostro gesto, sacro? Nulla.
La cucina si trasforma in un tempio quando prepariamo da mangiare con attenzione, sentendo gli odori, i colori, il calore del cibo che nutre.
Il respiro si trasforma in una preghiera quando ci fermiamo, anche solo per tre respiri, e sentiamo l'aria entrare ed uscire dal corpo, consapevoli che è quel flusso di aria che ci tiene in vita.
Possiamo trasformare una carezza in un atto sacro quando la facciamo con presenza totale, sentendo davvero la pelle dell'altra persona sotto le dita.
Ogni gesto, se ci portiamo cura e presenza, diventa un atto di appartenenza. Alla vita, a te stessa/o, al mistero più grande che ci attraversa.
La spiritualità vera non è separarsi dalla vita per cercare qualcosa di più alto, di più puro.
La spiritualità vera è imparare a vivere la vita come un rito, a portare quella presenza, quella cura, quella sacralità in ogni momento, anche il più semplice, anche il più banale.
🕯️Stasera, prima di andare a dormire, vi invito ad accendere la vostra candela.
Sedete davanti a lei per qualche minuto e lasciate che nella mente scorrano i gesti semplici della vostra giornata. Non giudicateli, non cercate di cambiarli. Solo osservateli passare, come fotogrammi di un film.
Poi chiedetevi:
"Quali di questi gesti oggi ho vissuto come sacri?"
"Quali ho compiuto con presenza, e quali ho attraversato senza nemmeno accorgermene?"
Sceglietene uno, che sia semplice, che fate ogni giorno, e domani ripetetelo con l'intenzione di farne il vostro piccolo rito quotidiano di presenza.
🔥Poi dedicate del tempo alla vostra connessione con Brigit. Prendete tre fili e intrecciateli per creare un bracciale che poi legherete al polso. Mentre intrecciate i fili pensate alle vie e ai doni di Brigit e pronunciate:
"Tre sono le vie della Dea Brigit:
Soffio che ispira,
Focolare che scalda e guarisce,
Forgia che plasma.
Che la mia vita sia intrecciata alla loro luce."
Ringraziate.
8 DICEMBRE
Oggi inizia la seconda settimana del nostro cammino nel tempo dell'Attesa. La fiamma della candela ci ha condotte/i all'infanzia e alla meraviglia, al senso del sacro e del rito, del silenzio e della presenza. Ora ci condurrà più in profondità, la luce della nostra candela non brillerà solo per illuminare l’ambiente circostante, ma per portare luce dentro. Il compito di questa settimana sarà infatti quello di guardarci dentro con onestà, senza filtri, senza le belle parole che usiamo nel tentativo di coprire o abbellire ciò che fa male.
In questo spazio sacro aperto insieme possiamo fare entrare la verità, che non è sempre luminosa, carina o piacevole. La verità può essere profonda, buia, fatta di paura, di stanchezza o di un dolore che non sappiamo come nominare.
Il Solstizio rappresenta qualcosa che nasce, seppur piccolo e vulnerabile, nella notte più buia dell’anno. È un momento di pura autenticità, che non ha nulla a che fare con il consumismo, le luci, le aspettative, le illusioni e buoni sentimenti forzati, con la maschera che mettiamo su in questo periodo.
Il vero sacro non profuma sempre di buono. A volte ha l'odore acre della verità, della solitudine, della paura che non abbiamo il coraggio di guardare.
🕯️ Oggi vi invito quindi ad accendere la candela con questo intento, guardare la vostra verità con onestà e lasciar andare le sovrastrutture. Quando tutto si spoglia, cosa resta?
✨Chiedete la presenza di Brigit:
"Nel silenzio, la tua voce si fa eco, Brigit. Fammi strumento di quiete e verità. Accompagnami con la tua luce nei luoghi oscuri della mia anima."
🌲Mentre la fiamma arde, lasciate che la sua luce raggiunga anche i luoghi di voi che avete dimenticato, o che preferireste non vedere e tenere al buio. State in quello spazio, respirate, ascoltate, accogliete.
Rispondete poi con sincerità a questa domanda:
"Sto vivendo questo periodo solstiziale in contatto con la mia verità?
O sto cercando di coprire un nucleo di dolore con facciate di circostanza?"
Lasciate emergere quello che deve, senza giudizio, ascoltatevi.
E lasciate che quella candela illumini quel buio che portate dentro.
La spiritualità non ci allontana dalla vita, ma ci aiuta a stare dentro la vita, soprattutto quando è imperfetta, caotica, confusa. Ricordatelo ogni volta che sarete tentate/i di essere forzatamente perfette/i, sorridenti, luminose/i e allegre/i.
9 DICEMBRE
Oggi voglio parlarvi di un tema importante che è stato centrale per me negli ultimi anni e vi pongo subito una domanda: avete mai finto di essere spirituali con voi stesse/i?
Io si, molte volte. È scomodo e difficile ammetterlo, ma fa parte dell'onestà che ci dobbiamo se vogliamo essere autentiche/ci e crescere davvero spiritualmente. Nessuna/o di noi è perfetta/o o arrivata/o, siamo tutte/i in cammino.
Tornando alla mia storia, in passato più di una volta ho indossato abiti bianchi quando avevo il cuore nero. Ho ripetuto "Tutto è perfetto così com'è. Va tutto bene" quando dentro stavo urlando.
Ho meditato e recitato mantra per non sentire, per non ascoltare le mie emozioni più scomode.
Ho sorriso quando avrei voluto piangere, perché pensavo che una persona "spirituale" dovesse sempre stare bene, sempre in pace, sempre essere luminosa, essere sempre roccia per tutte e tutti. E per molto tempo ho pensato di essere sbagliata. Che se provavo rabbia, paura, dolore, se non riuscivo a fare cento cose insieme, allora significava che non ero abbastanza evoluta, che il mio cammino spirituale era fallito, che c'era qualcosa di rotto in me.
Finché un giorno ho scoperto che questo comportamento ha un nome. Si chiama bypass spirituale, ed è un fenomeno psicologico molto diffuso, studiato e documentato.
Con questa espressione si descrive la tendenza (molto comune nei percorsi spirituali) a usare pratiche o concetti spirituali per evitare di sentire: le proprie emozioni, il dolore, le ferite, la perdita, i conflitti irrisolti. Tutto va a finire sotto al tappeto finché non esplode o non ci inciampo dentro perché è diventato una collina.
Quando ho scoperto che questa cosa aveva un nome, che non era "solo mia", mi si è aperto un mondo. Mi sono sentita sollevata.
Non ero più intrappolata in un senso di inadeguatezza: non ero sbagliata, semplicemente stavo cadendo in un tranello che la mente tende a tutti noi quando il dolore diventa troppo grande da contenere.
E se è vero che la spiritualità è importante ed è un grande aiuto anche nei momenti di dolore, perché ci dona senso, è altrettanto vero che abbiamo bisogno di guardarci dentro e di stare in quelle emozioni e in quel processo per comprenderle ed elaborarle. Solo così possiamo trasformare le ombre in luci, le ferite in punti di forza, i traumi e le paure in consapevolezza, il dolore in amore e il conflitto in pace.
🕯️ Oggi accendete la vostra candela. Invocate Brigit:
"Brigit del Pozzo profondo. Rendimi chiara/o come la tua acqua"
Guardate la fiamma per qualche respiro e chiedetetevi con totale onestà:
"Cerco la luce per fuggire da qualcosa, o per vederlo meglio?"
"Qual è la verità scomoda che la mia spiritualità ha tentato di coprire?"
Lasciate che la fiamma illumini anche le parti di voi che preferireste nascondere. Quelle che non "sembrano spirituali", come la rabbia, la tristezza, la paura, il rancore. Perché forse, proprio lì, si nasconde la chiave per la vostra spiritualità e anche della vostra guarigione.
10 DICEMBRE
Oggi continuiamo il nostro viaggio nell'autenticità parlando di bugie spirituali, quelle frasi che sembrano sagge, illuminate e profonde, ma che in realtà nascondono una fuga. Tutte e tutti noi le abbiamo pronunciate almeno una volta nella vita, magari credendoci davvero, ma mentendo a noi stesse/i perché intanto dentro di noi la nostra anima era in tempesta o in conflitto.
Frasi tipo:
"Non provo rabbia... sto solo trasmutando energia."
(Mentre in realtà sei incazzata/o)
"Sto praticando il distacco"
(ma intanto controlli se ha visualizzato il messaggio su Whatsapp).
E tante altre.
Dietro queste frasi si nasconde una verità profonda: a volte la spiritualità diventa un linguaggio elegante per non sentire il dolore.
Parole bellissime, ma spesso vuote, usate come scudi verso l’inevitabile dolore della vita. Ma è importante ricordare che la spiritualità non è fuga, ma presenza.
🕯️Quindi oggi vi invito ad accendere la vostra candela, invocare Brigit e riflettere sulle bugie spirituali che vi raccontate. Anche qui l'onestà è fondamentale. Scrivetele su un foglio e passatelo delicatamente sulla fiamma, come a portare luce su quelle ombre. Poi dite:
"Ciò che è ombra, diventi oro.
Ciò che pesa, diventi vento."
Strappate il foglio in tanti pezzetti e gettateli. Prendetevi del tempo per percepire il senso di leggerezza e libertà. Quando non siamo onesti con noi stesse/i o con le altre persone, siamo incatenate/i, costruiamo, spesso per paura o per proteggerci dal dolore, legacci e zavorre, maschere e muri, che con il tempo ci portano a perderci, a non riconoscerci, a non sentirci, a confonderci, a non sapere più chi siamo e cosa vogliamo. Essere autentici è un atto rivoluzionario nella nostra società, un atto di liberazione e consapevolezza. So che è qualcosa di molto difficile, soprattutto per alcune persone, ma è un muscolo che possiamo allenare, un passetto alla volta.
11 DICEMBRE
Continua il nostro percorso in questa settimana di profondità e anche scomodità. Abbiamo parlato ieri delle bugie spirituali che ci raccontiamo, oggi voglio invece parlarvi di una cosa che ho scoperto non molto tempo fa, leggendo il libro "Ad occhi aperti" di Mariana Caplan, psicologa e insegnante di meditazione, ossia le malattie spiritualmente trasmissibili.
Caplan le descrive con uno sguardo lucidissimo: sono quei momenti in cui la spiritualità, invece di liberarci, diventa una nuova forma di prigione. E molto spesso non ci accorgiamo neppure di esserne vittime, perché tutto sembra così luminoso, così elevato, così giusto.
✨La prima (e forse la più diffusa) di queste malattie spirituali è la spiritualità fast-food. Quella che promette la pace interiore in 5 minuti, la guarigione in 3 passi, l'illuminazione in un weekend.
Ma la trasformazione vera, la crescita spirituale, la guarigione, la presa di consapevolezza, non funzionano così. Si tratta di processi lenti, silenziosi, spesso disordinati. Non nascono da un corso in 4 passi o da una formula perfetta, ma da un incontro sincero con la realtà, da una resa quotidiana a ciò che è, dal coraggio di restare anche quando vorremmo scappare.
È quando smettiamo di cercare scorciatoie, quando accettiamo che non esistono trucchi magici per evitare il dolore, che accade qualcosa di meraviglioso: non "ci evolviamo" verso qualche versione perfetta di noi stessə… ci umanizziamo.
Diventiamo più veri, più interi, più capaci di stare nella complessità della vita. Ed è proprio lì che la spiritualità ritrova la sua luce.
Esistono altre 9 malattie spiritualmente trasmissibili che Mariana Caplan ha identificato e tra queste ne troviamo altre molto diffuse, come l'ego spiritualizzato; la dissociazione mascherata da distacco; la ricerca ossessiva di esperienze "elevate"; il giudizio camuffato da discernimento.
Non starò qui ad elencarle tutte, ma vi invito sinceramente a leggere il suo libro perché può essere fonte di profonde riflessioni.
Sono tranelli in cui sono caduta tante volte e ancora adesso mi capita di rendermi conto di esserci dentro e so di non essere sola in questo, perché sono "malattie" di facile contagio, dinamiche in cui inciampiamo facilmente, perché cercando di evolvere a volte stiamo solo cercando di sopravvivere e usiamo la spiritualità come scudo invece che come specchio.
🕯️Accendete la vostra candela e altre tre candele tealight dicendo:
"Anima, cuore e spirito. Tre luci vegliano su di me, tre luci aprono il cammino. Brigit sii con me."
Lasciate che le fiamme illumini un momento della vostra vita in cui avete cercato una "soluzione veloce", una scorciatoia per non sentire il dolore.
Respirate e chiedetevi con dolcezza:
"Cosa succederebbe se, invece di guarire subito, scegliessi di restare?
Di stare con ciò che c'è, anche se fa male?"
State in quel che c'è, per tutto il tempo necessario. Alla fine ringraziate.
12 DICEMBRE
Oggi è tosta, perché nella nostra casellina di consapevolezza dell'Avvento troviamo l'ego spiritualizzato e so che quando si toccano le corde di quel signore lì, si tende a reagire di pancia ed è difficile vedere e riconoscere il suo volto in noi. Quando si inizia un percorso spirituale l'ego non sparisce, ma cambia semplicemente abito, indossa abiti bianchi, usa parole che suonano sagge e profonde, cita maestri, mantra etc. E nel frattempo si gonfia, invisibile e silenzioso. È subdolo ed è davvero difficile da individuare, ma si manifesta ogni volta che ci sentiamo superiori agli altri e alle altre, migliori, speciali. Ogni volta che giudichiamo, che ci sentiamo arrivate/i o sentiamo di aver capito tutto, mentre le altre persone sono sciocche e cieche perché non capiscono e non vedono. L'ego si manifesta anche quando compatiamo qualcuno, mentre nascondiamo in realtà un giudizio o sentiamo la soddisfazione di essere più avanti, senza reale empatia.
È dura da digerire quando ci accorgiamo di queste dinamiche e lo so bene, perché nel momento in cui ho sentito per la prima volta questa cosa, ho iniziato a stare in attenzione e l'ho visto in me. È stato molto difficile accettare di avere un ego così presente e superbo, ma è stato essenziale per iniziare a sgonfiarlo e a tornare umile e centrata. È un lavoro costante, che spesso incontra forti resistenze interiori, ma è importante.
Sia chiaro, l'ego non va demonizzato, né eliminato, è parte della nostra personalità e serve a darci senso di individualità e d'identità, ci permette di interpretare e interagire con il mondo, mediando tra le pulsioni interne e le richieste sociali. Ha anche funzione di difesa e protezione e di organizzazione del pensiero. Un ego sano e ben equilibrato è essenziale per il funzionamento psicologico, permettendoci di essere assertivi e di prenderci cura di noi stesse/i prima di poterlo fare con le altre persone.
Il problema sorge quando ci facciamo dominare dall'ego, quando è ferito, quando è troppo forte o troppo fragile, quando crea barriere e maschere protettive, quando si irrigidisce, quando ci porta all'attaccamento, all'isolamento e al conflitto, generando infelicità, divisione e inconsapevolezza. Quando inizia a sabotarci invece di aiutarci.
La spiritualità non ci rende migliori degli altri. Ci rende più veri a noi stesse/i.
🕯️Accendete la vostra candela e sedetevi in silenzio per qualche minuto.
Lasciate che la fiamma rifletta quella parte di voi che vuole sempre "essere brava/o", "fare bene", "essere all'altezza", "capire tutto", "essere vista/o come spirituale".
Quella parte che ha paura di sbagliare, di non essere abbastanza, di deludere.
Guardatela con dolcezza. E poi ditele semplicemente:
"Puoi riposare. Vai bene così come sei.
Non devi dimostrare nulla a nessuno."
State in questo tutto il tempo che volete e poi respirate e ringraziate.
13 DICEMBRE
Oggi è Santa Lucia e secondo il calendario giuliano, questo era il giorno più corto dell'anno, la notte più lunga. Oggi il nostro calendario è leggermente diverso e la notte più lunga è per noi quella del solstizio, ma possiamo usare questa giornata speciale per riconnetterci con il significato simbolico del buio. Questi infatti sono i giorni in cui la luce ci sembra scomparire completamente, ma quello che spesso non notiamo è che proprio in questo buio più profondo, comincia segretamente a rinascere la luce.
C'è qualcosa di profondamente spirituale in questo passaggio, una verità che la società moderna dimentica. Ossia che il buio non è il contrario della luce, ma è il suo grembo. È da lì che nasce tutto ciò che brilla.
Ogni cammino spirituale, prima o poi, passa da quella che i mistici chiamano la notte dell'anima.
Quella fase in cui le certezze crollano, le pratiche non funzionano più, la meditazione sembra vuota, e anche gli Dèi sembrano lontani o inesistenti.
È il momento in cui tutto ciò che sapevamo di noi stessi smette di reggere. È spaventoso, destabilizzante, tutto vacilla, ma non è un fallimento, è un'iniziazione.
La parola crisi, deriva dal greco Krisis (κρίσις), "scelta, decisione, giudizio" da cui deriva a sua volta il verbo Krino (κρίνω), che significa "separare, distinguere, discernere". Quindi è un'opportunità di cambiamento e di scelta su chi vogliamo essere e di discernimento della nostra realtà. È l'occasione di lasciarci cadere per scoprire chi siamo davvero, sotto tutte le maschere, anche quelle spirituali.
Ed entra in campo anche il dubbio, che è fondamentale per ogni ricercatrice o ricercatore del sacro. Il dubbio è sano e ci permette di avere uno sguardo lucido ed equilibrato sulla realtà, dandoci anche la spinta ad andare oltre, a spingerci più in là, stimola la crescita interiore, approfondisce la conoscenza di sé e del divino, previene il fondamentalismo e spinge alla ricerca attiva della verità, trasformando l'incertezza in un percorso di maturazione, dialogo e scoperta. È un motore di evoluzione che tiene la fede viva e in dialogo con la realtà, portando a una convinzione più autentica e consapevole, non dogmatica.
Il dubbio è uno strumento della fede, che spesso è fraintesa. La fede vera è importante per chi è su un cammino spirituale, perché è il nutrimento dell'Anima, è la forza che trasforma l'Anima, ma deve essere cosciente, non cieca. La fede è la forza con cui l'ego, l'io ordinario, va oltre sé stesso e raggiunge il divino ed è una forza attiva e non passiva, come viene spesso approcciata nella nostra società. La fede dogmatica e superficiale invece è cieca e ci lega, ci domina. Se non c'è comprensione reale e coscienza spirituale la fede diventa una gabbia, una trappola.
Tornando alla notte dell'Anima, possiamo quindi dire che il buio è una preparazione.
È l'inverno dell'anima che prepara la primavera dello spirito. E non c'è vera luce che non sia passata di lì, attraverso la notte più buia.
🕯️ Questa sera sedetevi nel buio per qualche momento, lasciate che vi avvolga. E poi, quando vi sentite pronte/i, accendete la candela lentamente.
Guardatela mentre brucia e rischiara lo spazio intorno a sé. Notate come la fiamma non combatte l'ombra: semplicemente la trasforma. La luce e il buio esistono insieme, creano insieme quella bellezza tremante che è la vita. Respirate con questa immagine. E chiedetevi:
"Di quale buio ho paura?
Cosa succederebbe se lo lasciassi essere, invece di combatterlo?"
Prima di concludere chiedete a Brigit di guidarvi nei sogni in questi giorni di oscurità.